Celiachia: aspetti psicologici

Il cibo è uno dei bisogni di base di ogni essere umano ed è permeato di valori simbolici largamente condivisi.

Fin dalla nascita il cibo è fortemente legato all’esperienza delle relazioni con gli altri, a partire dalla relazione con la mamma nell'allattamento, alle festicciole con i compagni della scuola, le pizze tra amici e le cene di coppia e con le famiglie: gli aspetti emotivi, fisiologici e psicologici associati al cibo sono strettamente correlati.

Per ogni individuo il cibo rappresenta un momento di convivialità, di condivisione, di apprendimento, di sviluppo e promozione di abilità semplici e complesse.

Considerati questi aspetti possiamo capire come la diagnosi di celiachia possa causare nell’individuo e in coloro che vivono con lui un grande cambiamento che a volte finisce per tradursi in disagio psicologico. Infatti, sia l’individuo che il suo nucleo familiare possono trovarsi costretti a mettere in atto una ridefinizione della propria identità, sia in termini concreti, ad esempio per quanto riguarda una costante attenzione al cibo e alla scelta dello stesso, che nei termini della rappresentazione mentale che una persona ha di sé e del modo in cui gli altri la percepiscono.

L’evento diagnostico può quindi rappresentare un esempio significativo di “crisi”, cioè di momento che separa una maniera di essere da un’altra differente. Forse per alcune persone si tratta di una “perdita” che necessita di tempo e pazienza per essere elaborata.

La celiachia è una malattia, la cui cura dipende non dall'assunzione di un farmaco, come avviene di norma, ma dalla non assunzione di glutine, una sostanza presente in una grande varietà di cibi e tossica per il celiaco anche per contaminazione.

Nel caso di bambini molto piccoli il divieto di mangiare alcuni cibi può non essere compreso o essere vissuto come una costrizione inutile. Sarà compito dei genitori far capire al bambino che determinati cibi, apparentemente molto gustosi, non possono essere ingeriti da tutti. Questa proibizione per il celiaco ha il fine di preservare la propria salute e il proprio benessere; non seguire questo consiglio potrebbe portare a conseguenze dannose.

Ritengo che sia utile, anzi necessario, dare risposte corrette e circostanziate ai propri figli, essere onesti. Dare informazioni chiare permette ai bambini di fare chiarezza nei loro pensieri e solidifica le basi di un rapporto di fiducia all'interno del quale possano sentirsi in assoluta sicurezza.

I bambini in età scolare solitamente affrontano la malattia come un evento esterno al loro mondo, sentendosi a volte minacciati nella loro sicurezza e forse temendo di essere considerati dagli altri come diversi. E’ necessario allora dare ai bambini la possibilità di vivere e affrontare nel modo meno traumatico possibile la propria situazione. Adottare comportamenti come abituarli a riconoscere ciò che possono da ciò che non possono mangiare e sensibilizzare gli insegnanti, i parenti, i genitori degli amici sulla celiachia possono sicuramente aiutare a potenziare il senso di competenza e di fiducia del bambino, garantendogli una maggiore tranquillità.

In particolare, parlare apertamente della celiachia aiuta il bambino e il preadolescente a non interiorizzare troppo i propri timori e le proprie ansie, ma piuttosto a condividerli con qualcuno che sappia ascoltare. All'inizio gli ascoltatori privilegiati saranno i genitori e la famiglia, in seguito gli amici o gli educatori: l'importante è trovare la via di poter tradurre in parole i propri pensieri.

L’adolescenza è una delicata fase di crescita, i giovani possono apparire più vulnerabili, violenti, scontrosi rispetto a come i genitori sono abituati a vederli da bambini. Tali caratteristiche si possono rendere più evidenti quando viene diagnosticata una patologia cronica: la consapevolezza dell’irreversibilità della diagnosi può portare l’adolescente a sentirsi diverso ed estraneo e costituire una minaccia alla sua già fragile autostima. La sua condizione potrebbe essere vissuta come causa di estraneità e chiusura verso gli altri e di allontanamento dal gruppo dei pari del quale teme di non poter far parte. Certamente il gestire una corretta alimentazione glutenfree fuori casa può non sempre essere semplice per un adolescente, già alle prese con la sua delicata fase di crescita e di ribellione alle regole.

Compito primario dei genitori è aiutare il figlio nell’accettazione della malattia e supportarlo nella gestione pratica, sia in casa che fuori casa. È importante che il giovane venga guidato e aiutato in una graduale responsabilizzazione rispetto a ciò che può mangiare o meno. È altrettanto importante infondergli fiducia e incoraggiarlo a non limitare le relazioni sociali. Un dialogo familiare chiaro e sereno in cui possano essere espressi liberamente aspetti positivi e negativi può essere di concreto aiuto.

Anche gli adulti possono affrontare con molto disagio la diagnosi di celiachia, specialmente se questa si inserisce in momenti particolarmente stressanti o difficili della loro vita. Infatti, se la diagnosi viene comunicata in eta adulta la difficoltà di accettare e attuare un cambiamento, dopo che per tanto tempo si aveva un determinato stile alimentare, risulta spesso difficile da gestire, anche in termini pratici. L’ansia e la tristezza per la diagnosi, la rabbia per il dover seguire una dieta, possono portare a sentimenti di inadeguatezza, chiusura, passività con conseguente ritiro dalle relazione sociali e dai momenti di ristorazione collettiva. Con il tempo l’adulto deve imparare a fare la spesa, a scegliere i migliori prodotti gluten free, a cucinare senza glutine, a mangiare fuori casa negli esercizi informati, sentendosi in sicurezza. Questi passaggi possono non risultare facili per tutti.

Anche l’adulto, proprio come il bambino e l’adolescente, può aver bisogno del tempo necessario per l’accettazione della diagnosi, per la valorizzazione della dimensione sociale e del piacere di vivere momenti di convivialità con gli altri, senza trascurare l'aspetto della sicurezza per la sua salute.

In particolari momenti della nostra vita, tutti noi possiamo trovarci in difficoltà o in situazione di poter sostenere una persona in difficoltà.

Qualora il disagio, la chiusura emotiva o i timori rispetto alla propria condizione di persona con celiachia risultassero troppo pesanti da sostenere, l'apporto professionale di uno psicologo specializzato nel settore potrebbe aiutare a vedere le criticità con occhi diversi, valorizzando il positivo delle diversità.

La figura dello psicologo, specializzato in questo settore particolare, può diventare un posto sicuro per essere accolti senza giudizi e per poter esprimere in modo libero gli eventuali dubbi, le incertezze, le emozioni e i timori che possono emergere sia all'individuo che alla sua famiglia prima, durante e dopo la fase diagnostica.

Penso che nel settore psicologico, forse più che in altri, non esistano risposte univoche o soluzioni universali. Credo piuttosto che sia molto importante confrontarsi assieme, coniugando le conoscenze tecniche e psicologiche con le storie personali di ognuno. Questo può aiutare a trovare nuove risposte, forti e utili in quanto strettamente individuali, e, perchè no, magari anche nuove domande.

dr. Luisa Morassi, Psicologa Udine
www.studiomorassi.altervista.org

 


Intervista alla prof.ssa Anna Silvia Bombi, ordinario di Psicologia dello sviluppo della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma. L'intervista descrive alcune dinamiche presenti nella relazione tra genitori e figli nella gestione emotiva e organizzativa della condizione celiaca.